Lo Stato gode di discrezionalità in materia di ammissione degli stranieri, essa però è circoscritta da alcuni elementi:
- Principio di non refoulement: Vieta il trasporto fisico dello straniero verso un territorio dove la sua vita e sicurezza siano minacciate. Questo principio prende forma in ambito della protezione dei rifugiati e attualmente il miglior strumento in materia è la Convenzione di Ginevra.
"L'articolo 33 della Convenzione di Ginevra impone il divieto di «espellere o respingere (refouler), in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate"
- Divieto di espulsioni collettive: In quanto non considera i singoli casi, identità e situazioni. Viene riconfermato dall'art. 4 protocollo 4 CEDU che vieta le operazioni di intercettazione in alto mare e riconduzione forzata.
Esistono inoltre dei trattati che riguardano invece gli stranieri regolarmente soggiornanti all'interno del territorio di uno Stato:
- Convenzione sugli apolidi art. 32: Gli Stati contraenti facilitano, entro i limiti del possibile, l'assimilazione e la naturalizzazione degli apolidi. Essi si sforzano in particolare di accelerare la procedura di naturalizzazione e di ridurre, per quanto possibile, le tasse e le spese della procedura.
- Convenzione europea di stabilimento art. 3
Un altro elemento fondamentale che deve essere preso in considerazione quando affrontiamo il tema dell'allontanamento è costituito dall'art. 8 della CEDU, che tratta il grado di radicamento territoriale dell'individuo:
"Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza."
la Corte vuole così cercare un punto di equilibrio tra il diritto alla vita privata e alla famiglia dello straniero, e il dovere dello Stato di assicurare l'ordine pubblico e la sicurezza nazionale.
Secondo la Corte questo principio va applicato agli stranieri soggiornanti di lungo periodo - solitamente quelli di seconda generazione - che abbiano fondato forti legami familiari, i quali ne uscirebbero pregiudicati da una loro eventuale espulsione.
GARANZIE PROCEDURALI
Secondo il diritto consuetudinario ogni provvedimento di allontanamento deve essere motivato - eccetto nel caso dello straniero intercettato durante un tentativo di attraversamento illegale in quanto violazione dell'articolo 5 del codice frontiere - non discriminatorio quindi rispettando la dignità umana e i diritti umano fondamentali e deve rispettare la normativa nazionale vigente.
Nel caso dello straniero regolarmente soggiornante, è necessario che lo Stato gli conceda un periodo di tempo ragionevole - tra 7 e 30 giorni - entro il quale sistemare i propri affari prima dell'effettivo rimpatrio.
Circa la facoltà di ricorso, il diritto internazionale non stabilisce regole precise dunque l'unico obbligo che sembra configurarsi è quello nei confronti dello straniero regolarmente soggiornante oggetto del provvedimento di allontanamento.
Nel caso dello straniero soggiornante di lungo periodo, il diritto internazionale riconosce maggiori garanzie, infatti l'art 1 Protocollo 7 CEDU stabilisce che:
1. Uno straniero regolarmente residente sul territorio di uno Stato non può essere espulso, se non in esecuzione di una decisione presa conformemente alla legge e deve poter:
(a) far valere le ragioni che si oppongono alla sua espulsione;
(b) far esaminare il suo caso; e
(c) farsi rappresentare a tali fini davanti all’autorità competente o a una o più persone designate da tale autorità.
L'allontanamento però può verificarsi prima che tali diritti vengano esercitati in quanto il diritto internazionale non impone la presenza fisica dello straniero nel territorio durante il processo di impugnazione.
ESECUZIONE DELL'ALLONTANAMENTO
Il diritto internazionale riconosce che il provvedimento di allontanamento venga accompagnato da misure volte ad assicurare il suo corretto adempimento: rimpatrio coattivo, trasporto fisico alla frontiera, manette.
in tale contesto viene dunque evocato la facoltà degli Stati di "trattenere" lo straniero nelle apposite strutture detentive, secondo l'art. 5 CEDU: Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge:
(c) se è stato arrestato o detenuto per essere tradotto dinanzi all’autorità giudiziaria competente, quando vi sono motivi plausibili di sospettare che egli abbia commesso un reato o vi sono motivi fondati di ritenere che sia necessario impedirgli di commettere un reato o di darsi alla fuga dopo averlo commesso;
- Per scongiurare il rischio di fuga
- Organizzare il rimpatrio
- Facilitare l'identificazione
L'art. 5 CEDU non stabilisce un periodo massimo a tale trattenimento, tuttavia sottolinea come, qualora detenzione assuma un aspetto punitivo - scarsa cooperazione dello straniero - oppure pubblicistico - scarsa cooperazione dello Stato di destinazione - sarà fondamentale che il legislatore nazionale elabori una normativa ad hoc in materia di espulsione che dia seguito ad un procedimento giuridico, affinché tale misura considerata eccezionale, non diventi uno strumento volto ad aggirare le garanzie costituzionali riconosciute dai regimi democratici.
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