NEL DIRITTO INTERNAZIONALE
Salvo i casi previsti dalla legge e dalle consuetudini internazionali, lo Stato gode di discrezionalità in materia di ammissione degli stranieri, per cui viene riconosciuta la facoltà di istituire postazioni fisse di controllo lungo le principali vie di comunicazione e di erigere strutture fisiche volte a impedire l'ingresso incontrollato.
In linea di principio i controlli si svolgono nei confini politici dello Stato, ovviamente questo non sempre è possibile, da qui la tendenza alla dissociazione spaziale tra l'attraversamento delle frontiere e effettivo controllo.
Inoltre, gli Stati di destinazione dei flussi migratori sopratutto irregolari spesso svolgono operazioni di controllo, sorveglianza, repressione e prevenzione all'origine in ciò che chiamiamo esternalizzazione dei controlli delle frontiere all'origine attraverso:
1. Attività semplici
- emissioni di visti
- interviste
2. Tecniche sviluppate
- attraverso il controllo delle guardie di frontiere nel paese d'origine o transito
- obbligo delle compagnie aerei di verificare i requisiti per l'ammissione prima dell'imbarco
- controllo in alto mare o nelle acque internazionali
Queste operazioni di controllo o prevenzione incorrono in due problematiche giuridiche:
1. Rispetto dei diritti umani fondamentali durante le operazioni di enforcement
2. Se esistono basi giuridiche che permettano lo svolgimento di attività pubblicistiche all'interno del territorio di uno Stato terzo oppure nelle acque internazionali.
Qualora si verifichi la violazione dei diritti umani, occorre stabilire quale organo abbia commesso l'illecito e quale responsabilità attribuire allo Stato di destinazione.
NEL DIRITTO COMUNITARIO
Molti furono i tentativi nella storia di abolire il controllo delle frontiere, pensiamo ad esempio al Common Travel Aerea tra Inghilterra e Irlanda.
Con il consolidamento del principio di libertà di circolazione, venne ripreso il tema delle frontiere , percepite come un ostacolo al suo corretto adempimento.
Fu così che negli anni '80 un ristretto gruppo di Stati diede avvio ad una serie di negoziati intergovernativi volti a creare una normativa parallela e autonoma a quella comunitaria, in grado di realizzare l'ambizioso progetto di abolizione delle frontiere.
Così, nel 1985 Francia, Belgio, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi diedero vita alla Convenzione d'Applicazione dell'Area Schengen.
Con la firma di Schengen, è la prima volta in cui gli europei hanno fatto il tentativo di deporre gli egoismi nazionalistici e di spingere in maniera coordinata verso una più efficace forma unificazione. A dire il vero, forse gli egoismi non sono mai svaniti, ma attraverso una lettura più approfondita e lungimirante di quella che si ha in questi momenti, gli Stati hanno capito quanto fosse urgente, necessario e conveniente intraprendere sul serio il percorso dell’integrazione.
La CAAS istituiva un Comitato esecutivo autonomo e con poteri decisionali, la Convenzione e questo Comitato Esecutivo costituivano il c.d acquis di Schengen.
L'area Schengen era aperta all'adesione degli altri Stati mediante una richiesta formale, valutata dalla Commissione mediante la c.d valutazione di Schengen.
Con il Trattato di Amsterdam e le decisioni 1999/435 - che definisce l'acquis di Schengen ai fini della determinazione, in conformità del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull'Unione europea, della base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l'acquis(1999/435/CE) e 1999/436 - che determina, in conformità delle pertinenti disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull'Unione europea, la base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l'acquis di Schengen (1999/436/CE) - l'acquis di Schengen venne assorbito all'interno della normativa comunitaria, i successivi atti vennero ricondotti al quadro istituzionale comunitario mentre le disposizioni della CAAS vennero ricondotte al c.d Codice Frontiere.
- Abolizione dei controlli di tutti i cittadini all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne
- Sorveglianza e controllo nell'atto di attraversamento delle frontiere esterne
RIPRISTINO DELLE FRONTIERE
Art. 21 del Codice Frontiere stabilisce che "Ogni Stato membro può prevedere, all'interno della legislazione nazionale, l'obbligo a tutti i cittadini di fornire al momento dell'attraversamento un documento per l'identificazione nonché l'obbligo ai soli cittadini non comunitari di comunicare la propria presenza all'interno dello Stato"
L'art. 21 del Codice frontiere prevede inoltre la facoltà di ripristinare - temporaneamente - i controlli delle frontiere interne di fronte ad una fondata minaccia alla sicurezza nazionale e ordine pubblico.
"Qualora una grave minaccia all'ordine pubblico o alla sicurezza interna richieda un'azione immediata, è opportuno che uno Stato membro abbia facoltà di ripristinare il controllo alle proprie frontiere interne per un periodo non superiore a dieci giorni. Art. 23 prevede inoltre "La possibilità di ripristinare i controlli delle frontiere interne di fronte a situazioni di grave minaccia alla sicurezza e all'ordine."
Art. 23 "Chiusa di fronte ad eventi prevedibili"
Art. 24 " Chiusura di fronte ad eventi non prevedibile che richiedono un procedimento semplificato"
Art. 25 " La proroga della chiusura viene subordinata alla continuazione dello Stato di emergenza"
Art. 26 " Dalla terza proroga lo Stato può essere chiamato a pronunciarsi davanti al Parlamento Europeo"
FRONTIERE ESTERNE
Art. 5 del Codice frontiere stabilisce che l'attraversamento delle frontiere esterne deve avvenire negli appositi valichi di attraversamento e negli orari stabiliti.
"Le frontiere esterne possono essere attraversate soltanto ai valichi di frontiera e durante gli orari di apertura stabiliti. Ai valichi di frontiera che non sono aperti 24 ore al giorno gli orari di apertura devono essere indicati chiaramente."
In caso di mancato adempimento, lo Stato dovrà procedere con adeguate e proporzionali sanzioni, non necessariamente penali.
Il controllo delle frontiere spetta alle guardie di frontiere, le quali devono assicurarsi che gli stranieri soddisfino i requisiti per l'ammissione, rientrano nei casi previsti dalla legge e dalle norme consuetudinarie quali protezione umanitarie e soprattutto che un individuo oggetto di un provvedimento di allontanamento non entri illegalmente nel territorio.
In questo processo devono attenersi alla raccomandazioni contenute nel c.d Manuale Schengen:
- Controllo semplice: nei confronti dei cittadini comunitari
- Verifica approfondita: nei confronti dei cittadini non comunitari
BANCA DATI
La CAAS ha previsto l'istituzione di alcune banche dati volte a facilitare il processo di verifica dei requisiti per l'ammissione e soggiorno degli stranieri:
1. Sistema Informativo Schengen
- Banca dati nella quale vengono contenuti il nominativo dei cittadini segnalati dagli Stati membri per la non ammissione, per quelli ricercati/soggetti a due mandato di cattura internazionale oppure per coloro da dedicare una sorveglianza speciale.
- Art. 96 della CAAS, ai sensi di quest'ultimo articolo, una segnalazione nel SIS ai fini della non ammissione può essere fondata sulla minaccia per l'ordine pubblico qualora l'interessato sia stato condannato per un reato passibile di una pena privativa della libertà di almeno un anno.
2. Eurodac
- Banca dati delle impronte digitali, utile nel processo di domanda di asilo previsto dal Trattato di Dublino infatti ai maggiori di 14 anni e a coloro intercettati durante un attraversamento irregolare, la rilevazione delle impronte è automatica.
3. Sistema Informazione Visti
- Contiene tutte le informazioni relative ai richiedenti visti, utile per verificare l'identità e generalità dello straniero in possesso di un visto e l'autenticità dello stesso.
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